Di giorno in giorno in giorno leggo altri blog(s), aggiornamenti, canalizzazioni. E penso: ma quante parole. Quante parole per dire la stessa cosa. Unità.
Ritornando al discorso precedente.
Tutte le parti. Ma quali parti? Sono solo parole.
Davvero possiamo dire di sapere cosa è il nostro ego? Eppure ne parliamo come se fosse il nostro più acerrimo nemico. "Ho sbagliato. Non ho ancora sconfitto il mio ego"
"Sono in linea con il programma della mia anima" E' forse qualcosa di diverso da te?
"Quando avrò raggiunto l'illuminazione..."
Oh quante, quante parti ci dividono da noi stessi!
Conosciamo molte, davvero molte cose. A parole.
La verità è che non sappiamo di cosa stiamo parlando.
Non sappiamo cos'è l'ego.
Non sappiamo cos'è l'anima.
Non sappiamo cos'è l'illuminazione.
Lo possiamo dire, certo. Abbiamo letto talmente tante cose al riguardo che possiamo ripeterle come pappagalli ben ammaestrati. E il ripetere ci fa credere di essere quasi arrivati.
Non si può essere quasi arrivati. O lo si è o non lo si è affatto. Non si può essere quasi illuminati. E se non lo si è non si sa di cosa si sta parlando.
Ripetiamo parole dette da altri. E le facciamo nostre, magari anche con differenze di significato, ma le facciamo nostre.
E restiamo intrappolati, schiavi delle parole che ripetiamo senza conoscere.
Quando, mi chiedo sempre più spesso, quando saremo liberi.
Liberi di vivere. Liberi di sperimentare. Liberi di sapere di non sapere.
Semplifichiamo. Rendiamo più semplice del semplice ogni cosa. E ancora sarà troppo complicata.
Non c'è molto da scoprire. Vorrei dirlo a tutti.
Non c'è molto da scoprire. Anzi vorrei dire che non c'è proprio niente da scoprire.
Non c'è da ricercare la speranza. Non c'è da ricercare la fede, parola che pesa sulle spalle di ogni uomo come il più grande dei macigni. Nessuno avrà mai fede. Mai. Mai.
Ma perché ci hanno insegnato questa cazzata della fede? Come si può punire per la mancanza di fede?
E' così intimo e strettamente personale il rapporto che esiste fra ogni singolo individuo e la sua interiorità.
Quando qualcuno urlerà ai quattro venti del mondo che non c'è nulla da scoprire?
Abbiamo costruito le nostre stesse gabbie, nelle quali ci siamo rinchiusi per millenni.
Il trucco è che le gabbie sono aperte e non c'è lucchetto alle porte.
Non c'è nulla da scoprire.
Non c'è nulla di cui parlare.
Leggevo la fine di un libro. Lei sta morendo e vede una gran luce. E nella luce altre cose indistinte, la molteplicità che diventa unità e nell'uno vede dio.
Bello. Di effetto. Chiaro, il discorso. Ma le stesse parole avrebbero potuto essere usate da milioni di persone che si sono informate al riguardo, senza sapere di cosa si sta davvero parlando.
Perché quando si sa non se ne parla. Cosa si può mai dire di una simile esperienza? L'uno diventa dio. Ecco, l'ho detto. Cambiato qualcosa?
No. Perché non c'è nulla da cambiare. Perché non c'è nulla da dire.
Sommiamo tutte le nostre parti.
Sommatele tutti, per favore.
Aggiungete, aggiungete. Aggiungete l'ego ai corpi sottili, l'anima alla mente, poi aggiungete gli uni agli altri, aggiungete il sé, aggiungete i vostri difetti le speranze i sogni le ferite i dolori gli errori.
Aggiungete quanto più potete, tutto ciò che avete.
E non ci sarà altro di cui parlare.
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